Publisher's Synopsis
L'avvicinamento progressivo di Ruben Östlund alla settima arte comincia da molto lontano, con le riprese di sci estremo realizzate da giovanissimo e con due documentari dedicati ai suoi amici e ai suoi genitori.
Questo lungo apprendistato lascia una traccia profonda nel suo modo di rapportarsi al cinema narrativo, sia nell'affinità di certe scelte, sia nel tentativo di segnare una differenza forte con quelle esperienze.
A partire da Forza maggiore il suo cinema si arricchisce di nuovi elementi, sembra farsi più accessibile, mettendo la fragilità dell'uomo contemporaneo al centro del suo obiettivo. Con The Square e Triangle of Sadness, che vincono entrambi la Palma d'Oro al Festival di Cannes, la satira alla superficialità borghese si fa ancora più feroce, sullo sfondo del mondo dell'arte contemporanea e dell'industria della bellezza.
Eppure il cinema di Östlund resta profondamente originale, estraneo ad ogni convenzione drammaturgica, lontanissimo dalle riflessioni psicologiche e metafisiche di Ingmar Bergman, così come da ogni scorciatoia di genere.
Ruben Östlund combina la perizia analitica di uno scienziato sociale con l'umorismo dispettoso di un abile stand-up comedian: "Fondamentalmente tutti i miei film parlano di persone che cercano di evitare di perdere la faccia".