Publisher's Synopsis
La principessa Turandot dava enigmi da sciogliere ai suoi pretendenti; li risolverà uno straniero, guadagnandosi così il suo amore. Mi sono chiesto se questo accade pure col paese natio, se cioè è sempre uno straniero a risolvere i suoi enigmi visto che il paesano pensa solo ad andarsene. Ma se questo è vero, se cioè solo uno straniero può decifrare il paese natio, allora che cos'è il proprio paese per un paesano? Per forza di cose deve essere un enigma.
Quando Pasolini critica la società dei consumi (e più ancora la televisione) sostenendo che ha cambiato gli italiani come neanche il fascismo era stato in grado di fare, si rivolge al mito. Nel portare sullo schermo la sua Medea con la Callas, il poeta-regista ci mostra che il mito abita ancora l'uomo e qualche volta riemerge in tutta la sua forza, in tutta la sua irrazionalità. L'uomo è abitato dal mito; e allora dire 'mito' e dire 'parola' è la stessa cosa, perché l'uomo è abitato dalla parola. Che vuol dire? Innanzitutto, che la parola non è uno strumento, non è un mezzo che ci serve per comunicare. Prima di comunicare, attraverso le parole pensiamo. E se le radici delle parole che compongono la nostra lingua si perdono in un abisso mitico (come è la famosa lingua indo-europea) allora noi, ancora oggi, nel parlare la nostra lingua, facciamo parlare quei modi di toccare la vita che si perdono nella notte dei tempi, pur se nascosti nelle pretese iper-pratiche della contemporaneità.
Chi pensa allora, raccoglie, mette insieme; dunque legge. Nella nostra civiltà dire 'pensare' è dire 'leggere'. E quando abbiamo smesso il rotolo inventando il libro, abbiamo confermato la conclusione di prima, perché per leggere un libro bisogna necessariamente aver letto altri libri, in un gioco di rimandi che testimonia, di fatto, un tempo del tutto accartocciato. Per questo il paese natio, che è un enigma in quanto è 'tempo accartocciato', interroga il paesano come si veniva interrogati dalla Sfinge o dalla principessa Turandot. Roba seria, dunque, roba da vita o morte.
Nel periodo di quarantena forzata per l'emergenza Covid-19 sono stato spesso con la mente a camminare per le strade di Massa Lubrense in compagnia di quei personaggi del passato (un sacerdote del tempio di Atena, Pollio Felice, Boccaccio, Teofilo Folengo, Torquato Tasso, Costanzo Pulcarelli, Ippolito Nievo) che hanno verosimilmente toccato le stesse pietre su cui oggi camminano con me i tanti Franco, Stefano, Antonio, Francesca, Alessia del mio paese. Lo scenario dei 7 racconti è dunque il medesimo, Massa Lubrense; lascio invece trovare il significato proprio di ognuno alla bontà del lettore, anche se nelle pagine di introduzione spiego per bene perché dietro ogni racconto c'è Shakespeare e perché alla fine ho scritto il Sonetto del penitente.