Publisher's Synopsis
Quando anni fa, quasi per caso, ebbi a iniziare quel lungo cammino che mi avrebbe avvicinato alle più diverse realtà esistenziali e culturali presenti negli arcipelaghi e nelle isole dell'Atlantico Settentrionale, spesso mi sarei dovuto confrontare con fatti e accadimenti storici, di cui avevo esclusivamente una qualche reminiscenza scolastica o universitaria, certamente non specialistica. D'altronde ero ancora un "africanista"... Così più volte sarei stato indotto a documentarmi. Approfondendo tematiche connesse, in tutto o in parte, con le popolazioni isolane a cui, via via, mi andavo interessando. Come nel caso di questo splendido arcipelago, dove arrivai in un gelido inverno di molti anni fa, dopo una "ricognizione sul terreno" effettuata nelle più settentrionali isole Shetland. Proprio da questi due arcipelaghi scozzesi, ma "norvegesi" nell'anima, gradatamente prese forma e sostanza il mio Programma sulle Comunità dell'Atlantico Settentrionale, che negli anni successivi mi porterà, prima nelle francesi Saint-Pierre e Miquelon e nella canadese Terranova, poi "ai confini del mondo" alle norvegesi e artiche isole Svalbard. Quindi alle Fær Øer, alle Ebridi Esterne. Infine in Islanda e nella Groenlandia meridionale. Nel 1982 volevo verificare in "tempo reale" lo iato che si era andato sottolineando tra i due arcipelaghi scozzesi. Constatandone le situazioni, una dopo l'altra. Dopo i possibili mutamenti che gli isolani avevano dovuto fronteggiare, a causa dello sfruttamento delle immense riserve di petrolio e gas scoperto nel Mare del Nord. Dall'aereo immediata ebbi la percezione delle radicali differenze, che contraddistinguevano morfologicamente i due arcipelaghi. Se le Shetland erano montagnose, caratterizzate da un ambiente aspro e duro, dall'alto le Orcadi apparivano l'esatto contrario: terreni pianeggianti, paesaggi ondulati, colline dolci, senza evidenti spigolosità. Anche se le linee costiere delle isole erano altrettanto frastagliate e punteggiate da penisole, baie, profonde insenature, scogliere. Le oltre settanta isole delle Orcadi, di cui solo venti abitate, hanno una superficie poco più estesa della Provincia di Pistoia. A partire dall'ultimo ventennio c'è stato un lieve, ma costante, incremento demografico, che ha impresso una brusca inversione di tendenza al costante flusso migratorio verso la terraferma scozzese. Anche se continua il movimento dalle isole minori verso Mainland, l'isola maggiore. Isola che, oltre al capoluogo, racchiude le diverse caratteristiche (storico-archeologiche, ambientali, etno-antropologiche) dell'arcipelago, che così vengono esaltate. Qui vanno sapientemente a braccetto testimonianze di un passato, più o meno lontano, e attrattive naturalistiche, entrambe profuse a piene mani. Si è infatti calcolato come le zone archeologiche siano presenti nelle Orcadi in misura percentualmente superiore rispetto ad ogni altra regione della Gran Bretagna. Inoltre i siti risultano incastonati in un habitat dalle peculiarità straordinarie. Qui troviamo Skara Brae, il villaggio neolitico meglio conservato d'Europa, risalente a ca. il 3100 a.C., ma anche le pressoché coeve Standing Stones di Stenness e il Circolo di Brodgar. E che dire della straordinaria tomba a camera di Maeshowe? Poi, passando dall'Età della Pietra a quella del Ferro, come nelle Shetland ecco i brochs, le torri di osservazione. A volte costruite all'interno di veri e propri insediamenti, come quello di Gurness. Nella tarda Età del Ferro le Orcadi costituiranno uno dei regni dei Pitti. Così, anche se nell'isolotto di Birsay, a nord-ovest di Mainland, c'è solo la replica di una loro importante stele, ho avuto comunque la possibilità di osservare attentamente quanto in essa riportato. In seguito le isole saranno avvicinate dai missionari celti, quindi di lingua gaelica, così che numerosi toponimi isolani riportano il termine Papa. Infine, sul finire del VIII secolo, dalla Norvegia giunger